La blasonatura
La concessione di uno stemma è sanzionata da un documento ufficiale nel quale è riportata la descrizione dello stemma stesso e che può essere corredato anche dalla sua raffigurazione grafica. Tale descrizione, detta blasonatura è quindi la rappresentazione verbale dello stemma.
Nata dalla pratica dei tornei, dagli araldi (che daranno il loro nome all'araldica) e dalla necessità di costituire degli annuari affidabili (gli stemmari) con la doppia funzione di raccolta di identità e di deposito di elementi esclusivi, in un'epoca in cui l'illustrazione, soprattutto a colori, è una impresa di grande impegno, la blasonatura si sviluppa in un vero linguaggio, con vocabolario e sintassi, sorprendente per rigore e precisione, che permette di descrivere rapidamente e senza ambiguità i blasoni più complessi.
Poiché l'identificazione araldica si è limitata per molto tempo ai soli elementi rappresentati sullo scudo, la blasonatura si riduce spesso a descrivere solo questo. Gli ornamenti sono diventati importanti solo più tardi, e la blasonatura completa ha avuto il compito di integrarli. Questa impostazione concettuale deriva dall'origine stessa dell'araldica, il cui nome deriva evidentemente da araldo, cioè da colui che, basandosi esclusivamente sui colori e sui disegni presenti sullo scudo, sulla gualdrappa dei cavalli o sugli stendardi che innalzavano, aveva il compito di riconoscere a distanza i cavalieri coperti da armature metalliche, e occultati anche nel viso. Bisogna tenere presente che l'araldica si sviluppa in un'epoca di scarsa alfabetizzazione, in cui anche chi sapeva leggere spesso lo faceva con fatica, compitando le lettere. Perciò non sarebbe stato efficace scrivere il nome o le iniziali del cavaliere sullo stemma, e anzi ciò è vietato dalle regole araldiche.
La possibilità di riconoscere il sempre crescente numero dei segni distintivi individuali – i già citati stemmi – non poteva basarsi sulla disponibilità di costosi e voluminosi stemmari, ma si fondava sulla composizione e divulgazione di descrizioni che fossero costituite dal minimo numero possibile di parole pur mantenendo l'univocità di individuazione. I vari araldi si scambiavano, quindi, le descrizioni – la blasonatura – ricorrendo tutti ad uno stesso insieme di regole capaci di fornire loro il linguaggio comune. Questo è anche il motivo per cui quella parte dell'araldica che si occupa della descrizione degli stemmi è spesso definita come l'arte del blasone. Mentre si chiama araldica in senso stretto lo studio delle genealogie delle famiglie aristocratiche e dei loro titoli nobiliari.
La distinzione tra immagine dello stemma e blasonatura è importante anche perché non c'è una corrispondenza biunivoca tra disegno e blasonatura. In molti casi, un particolare disegno può essere blasonato, cioè descritto in linguaggio araldico, in più di un modo; d'altronde è praticamente impossibile che due artisti araldici disegnino una data blasonatura nello stesso identico modo. Ma in una araldica ben concepita, la blasonatura coglie gli elementi essenziali per il disegno e, data una blasonatura, un artista araldico ben addestrato dovrebbe essere capace di produrre un'accettabile copia del disegno originale.
È chiaro che i due sistemi di rappresentare uno stemma sono destinati a due pubblici diversi. La rappresentazione grafica dello stemma è comprensibile a tutta la popolazione, in gran parte analfabeta. Invece la blasonatura è diretta soprattutto a una classe di esperti, gli araldi, che non sono solo in grado di leggere, ma conoscono anche il vocabolario tecnico dell'araldica, spesso usato in francese.
Nei paesi e nelle epoche in cui lo stemma ha, o ha avuto, un effettivo valore di elemento univoco di riconoscimento delle persone o delle istituzioni, la concessione di uno stemma e la stesura della relativa blasonatura sono affidate a organi aventi valore legale e garantiti dallo stato, allo stesso modo in cui sono garantiti dallo stato i nomi e cognomi che hanno, per tutti, lo stesso valore univoco di riconoscimento.
Convenzioni di linguaggio
Destra e sinistra
Lo scudo viene osservato come se fosse portato da un cavaliere posto in piedi dietro di esso, e i riferimenti di destra e sinistra non sono quelli dell'osservatore, ma quelli del cavaliere che lo porta. Conseguentemente quando in araldica si usa il termine destra ci si riferisce alla destra del cavaliere, cioè alla sinistra dell'osservatore, mentre parlando di sinistra ci si riferisce a quella del cavaliere, posta sulla destra dell'osservatore.
Direzioni araldiche principali
Sono dette direzioni araldiche principali quelle corrispondenti alle linee che, passando per il centro, dividono lo scudo in due parti uguali. Queste direzioni, che assumono il nome delle più importanti figure araldiche, sono:
- in palo, per indicare la linea verticale;
- in fascia, per indicare la linea orizzontale;
- in banda, per indicare la diagonale che va dal vertice superiore destro al vertice inferiore sinistro;
- in sbarra, per indicare la diagonale che va dal vertice superiore sinistro al vertice inferiore destro.
Denominazioni e attributi
In araldica i termini utilizzati sono molto precisi e non ammettono, di norma, l'uso di sinonimi che possono determinare l'insorgere di sostanziali differenze fra il significato araldico e quello comune.
Un esempio è dato dal termine tagliato: nell'uso normale si può riferire ad un taglio orizzontale, che tra l'altro si traduce in francese coupé, mentre in araldica si riferisce allo scudo tagliato lungo la diagonale in sbarra, e si traduce in francese taillé, mentre il citato coupé in italiano araldico diventa troncato, indicando cioè un taglio in fascia.
Un altro esempio è il termine giglio che, nell'italiano araldico, non indica il fiore del giglio, definito araldicamente giglio di giardino, ma una figura convenzionale presente nello stemma reale francese e, come tale, detto anche fiordaliso che non indica quindi l'omonimo fiore.